La primavera sta progredendo verso la stagione estiva, le giornate sono sempre più lunghe e luminose ed è un piacere restare all’aperto, magari sorseggiando un buon bicchiere di vino fresco, profumato di fiori, frutta croccante, dolcemente secco e leggero. Un vino che possa fungere da aperitivo assieme ad un semplice assortimento di focaccia fragrante, formaggi freschi qualche oliva o una bruschetta con olio extravergine dell’ultimo raccolto, ma con il quale si può anche continuare con una cena leggera tra verdure di stagione, pesce alla griglia o una pasta alla crudaiola o una zuppa fredda dai colori brillanti come il vino stesso, che, lo avrete già capito dalla descrizione, potrebbe essere un rosato dell’ultima vendemmia, giovane, brillante nei toni di colore e dall’eccellente bevibilità.
Ma cosa è un vino rosato? Beh sicuramente non è un assemblaggio di bianco e rosso ma prodotto da vitigni a bacca rossa con una veloce macerazione con le bucce, prima di svinarlo e continuare come per una fermentazione in bianco.
La breve estrazione di colore e l’acidità data dalla raccolta precoce delle uve forniranno la tonalità del colore e la luminosità del vino, che manterrà anche i profumi del vitigno di provenienza, pur con le caratteristiche tipiche di un vino bianco. La tonalità del colore è data sia dalla carica antocianica del vitigno di provenienza, sia dal tempo di permanenza sulle bucce del mosto, che può variare da pochi minuti a 24-36 ore, dando colori che vanno dal rosa tenue, passando dal cerasuolo fino al chiaretto.
Quasi tutte le regioni vitivinicole più importanti nel mondo hanno i loro rosati, ma ci sono alcune zone famose per i loro vini rose’, come la Provenza in Francia e la Puglia in Italia dove, nel Salento, è stato imbottigliato nel 1943 dell’azienda Leone de Castris, la prima etichetta di rosato Italiano, il Five Roses.
In Toscana le origini del vino rosato risalgono al medioevo e questa tradizione si è mantenuta durante il tempo della mezzadria, che ha plasmato per secoli il territorio e la società agricola locale.
Una piccola parte del mosto fiore della parte bassa dei tini veniva “ruspato” ossia trafugato al padrone dai mezzadri prima di essere trasportato in cantina, e conservato in damigiane durante l’inverno, ottenendo il “vin ruspo” un rosato leggero e beverino, utilizzato dai contadini come fonte di energia nei lavori dei campi. Questa “tecnica”, denominata in seguito salasso, è ancora utilizzata per concentrare colore e sostanze estrattive nel mosto dei vini rossi.
Oggigiorno la maggioranza dei rosati è invece prodotta con una vendemmia precoce, leggera pressatura e veloce permanenza sulle bucce, prima della vinificazione in bianco.
Nel Chianti i rosati si ottengono principalmente da sangiovese, uva simbolo del territorio, che conferisce al vino freschezza e fragranza, con note fruttate di fragolina di bosco, mora e mirtillo e delicati aromi vegetali.
I rosati di sangiovese del territorio chiantigiano sono estremamente versatili nell’abbinamento con i piatti della tradizione primaverile ed estiva. La fresca succosità del frutto e un’acidità ben bilanciata lo rendono compagno eccellente, oltre che per un aperitivo, di piatti di pesce, che sia alla griglia, al forno o in zuppe tradizionali, ma anche per paste ripiene di ricotta e erbe, come i tortelli maremmani o anche carni bianche come il coniglio. Le zuppe di cerali e legumi si esaltano nell’associazione con un rose’ intenso e scuro, mentre pizze e focacce ripiene, i ciaccini della tradizione toscana, li vedono ottima alternativa alla tradizionale birra alla spina.